mercoledì 18 aprile 2007

L'industria musicale nel Frascati Living Lab?

Riunione molto interessante ieri al Trafalgar Studio di Roma, con un tavolo da riunione improvvisato nella sala grande (circondati dai pianoforti e dagli ampli Marshall e Fender!). Presenti alcune piccole e grandi aziende prevalentemente (ma non solo) dei settori musica e ICT, come Fandango-Nun Flower, Beatpick, CD Flash, Tiscali, Almaviva, Sporco Impossibile e altre ancora; e inoltre l'associazione di collecting SCF, l'Agenzia Spaziale Europea e ITech, l'incubatore tecnologico della Regione Lazio. Io partecipavo in veste di organizzatore: sono consulente del Gruppo editoriale Bixio, che mi ha affidato il compito di tracciare un possibile itinerario per i primi passi di una fondazione che gli eredi di Cesare Andrea Bixio vorrebbero costituire in memoria del padre, e che dovrebbe occuparsi di tecnologia e creatività. Insieme all'amico Francesco D'Amato (che tra l'altro coordina quello che secondo me è il miglior master universitario sulla musica che ci sia in Italia, cioè quello della Sapienza) abbiamo provato ad immaginarci un percorso possibile, in parte raccontato nell'abstract che ho presentato a eChallenges 2007. Questo percorso dovrebbe poi confluire nel secondo stadio del Frascati Living Lab, e usare la sua infrastruttura tecnologica per sperimentare nuovi prodotti, servizi, modelli di business legati alle industrie creative.

La cosa più interessante della riunione è che, almeno secondo me, ha provato il punto, e cioè questo: sul terreno in cui le industrie creative incontrano l'ICT non sono ancora emerse le regole, magari informali e non codificate ma condivise, per fare impresa con successo. In altri tempi, Andrew Carnegie, John Rockefeller e Henry Ford sarebbero stati d'accordo che una chiave del successo era produrre in grandi volumi per sfruttare le economie di scala (cioè: le tecnologie di allora implicavano una struttura dei costi e che penalizzava le piccole unità produttive e premiava quelle grandi). Oggi, invece, vi sono imprenditori che pensano che "in internet prima si fa l'impresa e poi si pensa al business plan" e altri che sono di parere completamente opposto. Di fatto molta gente ha avuto successo, ma non perché riuscisse a vendere la cosa che stava producendo, bensì per vie laterali. Per darvi un'idea: questo blog gira su Blogger, una piattaforma che non ha mai fatturato un dollaro ma è stato acquisito da Google, e questo ha ampiamente ripagato investitori e imprenditori degli investimenti iniziali; e probabilmente voi lo state leggendo con Firefox, i cui sviluppatori
storici hanno sostanzialmente regalato il loro lavoro a Mozilla Corporation, ma poi sono stati premiati con incarichi prestigiosi e molto ben pagati (Dave Hyatt sta alla Apple, mentre Blake Ross ha fondato una nuova azienda, Parakey). Ho l'impressione che questo avvenga in tempi di mutamento di paradigma o di turbolenza, e - ovviamente - che tenda ad aumentare il rischio connesso all'investimento su nuove attività d'impresa. Poi c'è da chiedersi se i paradigmi smetteranno mai di cambiare, ma questo è un altro discorso.

Vediamo come va a finire.

Nessun commento: