giovedì 27 dicembre 2007

Cinque concetti per l'età digitale

Non spaventatevi, non mi sono messo a fare il guru: è soltanto il compito a casa assegnatoci da Junichiro Jun (aka Giuseppe Granieri) nel corso su "raccontare il digitale" che mi sono messo a seguire all'unAcademy. Ci ha chiesto di trovare i cinque concetti più importanti per raccontare il digitale: io, riducendomi all'ultimo giorno, ci provo. In ordine alfabetico:

  1. Apprendimento continuo. Nell'era digitale non funziona il modello del ciclo di vita che vedeva gli uomini e le donne imparare da giovani e mettere in pratica il loro sapere nell'età matura. Tutti impariamo di continuo gli uni dagli altri, dedicando all'apprendimento (non solo all'aggiornamento, ma proprio all'apprendimento di cose per noi interamente nuove) quote crescenti del nostro tempo. Oggi impari e metti in pratica in contemporanea, tanto che “se sai spiegare esattamente cosa fai per vivere il tuo lavoro è già stato delocalizzato in India” (Bruce Sterling).
  2. Competizione. La società digitale è competitiva. La concorrenza tra imprese e cittadini in rete è resa molto più accesa dall'esistenza di premi importanti per chi primeggia (e non solo nel campionato del mondo, come Google, ma anche in serie minori, come Robin Good), dalla disponibilità di metrics (anche se talvolta discutibili) forniti da servizi come Technorati o Blogbabel, e dal carattere pubblico – di common knowledge, si dice in teoria dei giochi – sia dei premi che delle metrics.
  3. Confronto diretto. Nel mondo pre-digitale potevi essere il numero uno in un piccolo mondo: per esempio “il miglior chitarrista di Casalecchio di Reno” o “un influente ambientalista dell'appennino modenese”. Oggi questi piccoli mondi non esistono più: su myspace il bassista di provincia si confronta direttamente con Steve Vai, così come nella blogosfera l'ambientalista locale rischia di non riuscire a reggere il confronto con Al Gore. Questo porta le discussioni locali, prima di un livello uniformemente basso, a contaminarsi con pezzi di analisi molto alta.
  4. Cooperazione. Praticamente ogni cosa che valga la pena di essere fatta in internet è il frutto di uno sforzo collettivo. La capacità di attirare sul proprio progetto l'attenzione partecipe altrui – sia che si tratti di Wikipedia che di rendere vivo e frequentato un blog personale – è diventata un fattore di successo molto importante. Questo rende il mondo digitale un mondo in cui il potere è assai più distribuito nello spazio degli agenti che in passato.
  5. Reputazione. La reputazione in rete è un vero e proprio bene capitale, che il cittadino digitale vede accrescersi quasi “fisicamente” nell'aumento del proprio raggio d'azione. Il desiderio di costruire reputazione porta chi frequenta la rete a ricercare interazioni ripetute piuttosto che quelle one-shot. Ciò, a sua volta, si traduce in uno spazio più ampio per la cooperazione.

La logica che ho seguito è quella di raccontare il digitale a una persona intelligente e colta (tendenzialmente a un economista) che però non vive internet in modo attivo. E' una situazione in cui, per lavoro, mi trovo assai spesso. Mi do il voto da solo: non è sbagliato, ma neanche brillante. Sei e mezzo?

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